martes, abril 20, 2010

Darwin y el Darwinismo (entrevista a Barbara Continenza)

Con frecuencia se confunden términos e ideas como evolución, selección natural y supervivencia del más apto. Esto sucede entre quienes no han tenido el más mínimo interés en la teoría evolucionista y, hasta cierto punto, es natural. A otro nivel de comprensión inmediatamente superior lo que se confunde es el darwinismo con el neodarwinismo, y se toman todas las ideas evolucionistas en bloque como genial idea de Darwin, no teniendo en cuenta cosas tales como el desconocimiento de Darwin del mecanismo de la herencia o que su idea sobre la selección natural la tuvo también otro naturalista victoriano: Alfred Russell Wallace.

Darwin fue un naturalista notablemente dotado para extraer leyes universales a partir de abundantes observaciones. Era asimismo capaz de percibir los límites de su propia concepción: la selección natural. Aunque esta idea es aparentemente trivial, llegar a concebirla no estaba al alcance de cualquier observador o pensador. El que fuera el principal defensor de la teoría darwinista, Thomas Henry Huxley, se sorprendía, al conocer la decisiva aportación teórica de Darwin, de su simplicidad, y de no haber tenido la idea él mismo.

Desde antes de Darwin muchos consideraron que había una evolución biológica, pero no propusieron ningún mecanismo plausible a través del cual esta pudiera producirse. El mismo abuelo de Darwin, Erasmus, especuló con la idea. Jean Baptiste Lamarck propuso la herencia de los carácteres adquiridos (su teoría se suele ejemplificar con una jirafa cuyo largo cuello evoluciona a través de los sucesivos esfuerzos de seres con cuello más corto por llegar a las ramas más altas de los árboles, estirándose). Pero Darwin no dejó nada a la mera especulación. Su idea no se corresponde de forma inmediata con ningún fenómeno natural, pero comprende a todos, en distinto grado. Su constatación requiere una mirada amplia y comprehensiva, una mirada estadística.

Las cosas cambian, pero no lo hacen de cualquier manera. Y los cambios no son por puro azar. La vida es el río de Heráclito, en el que uno nunca se baña dos veces en las mismas aguas, pero en el que hay un curso y un cauce definidos. La denominada transmutación de las especies se da no porque los individuos se transfiguren en otros distintos, sino porque nacen variados individuos del mismo tipo, y sobreviven y se reproducen unos más que otros, debido a sus pequeñas diferencias ventajosas, llevando su marca distintiva a la siguiente generación. Y así, a lo largo de dilatadísimos períodos de tiempo, surgen nuevas especies.

Uno de los puntos en los que la selección natural es puesta en entredicho es su parsimonioso gradualismo. A la luz del registro fósil dos evolucionistas, Niels Eldredge y Stephen Jay Gould, propusieron la denominada Teoría del Equilibrio Puntuado, según la cual las especies permanecen inmutables (o casi), durante largos períodos, y se producen especiaciones muy veloces en apenas un instante del tiempo geológico. Una vez más quien confunda evolución con darwinismo se verá –confundido.

¿Qué es pues, el darwinismo, entendido en un sentido restringido y más preciso? Se trataría de un movimiento intelectual surgido a partir del trabajo de Charles Darwin, publicado en 1859 bajo el título (resumido) El Orígen de las Especies. Como tocaba indirectamente en la forma pero muy directamente en el fondo a lo que somos, su repercusión excedió con mucho el ámbito de la biología, influyendo en el modo de mirar a la ciencia, la religión, la moral, la sociedad...

Sobre ello escribió recientemente, la Filósofa de la Ciencia, Barbara Continenza, un breve monográfico, que publicó Scientific American, titulado, cómo no, Darwin. La Profesora Continenza ha tenido la amabilidad de respondernos unas preguntas sobre Darwin y el Darwinismo. La traducción del italiano al castellano corre a cargo de mi apreciado Jaime Martínez. Si hay algún error en esta seguramente se deba a mi ulterior revisión.

En italiano:

1.-Cosa prima e dopo Darwin?

La teoria di Darwin è stata frequentemente designata come una “rivoluzione scientifica” ad intendere la frattura che essa determinò nella concezione del vivente in generale e, ovviamente, dell’uomo. Si è molto dibattuto nell’ambito della filosofia della scienza e della storia della scienza sul fatto che quella darwiniana sia effettivamente da intendere come una “rivoluzione” in senso epistemologico, ovvero se essa abbia effettivamente determinato un capovolgimento paradigmatico tale da renderla incommensurabile – secondo l’interpretazione di Thomas Kuhn – con le teorie precedenti. Molti, come per esempio E. Mayr, uno dei padri fondatori della biologia evoluzionistica del Novecento, hanno attenuato questa interpretazione, sottolineando che si trattò di un fenomeno complesso e protratto nel tempo per un arco di circa 250 anni. Cominciò molto prima di Darwin e le sue componenti fondamentali vennero avanzate in tempi diversi e si affermarono indipendentemente l’una dall’altra. Altri, come Karl Popper, hanno sottolineato la differenza tra rivoluzioni scientifiche e rivoluzioni ideologiche. C’è stato ancora chi, come Bernard Cohen, ha riconosciuto come pienamente rivoluzionaria sia la componente scientifica sia quello ideologica della teoria darwiniana, e chi, come Peter Bowler, ha sostenuto che, se “rivoluzione” ci fu, non fu rivoluzione darwiniana e che l’evoluzionismo che allora si affermò non fu un evoluzionismo propriamente “darwiniano”, poiché la maggioranza dei sostenitori dell’evoluzionismo contemporanei a Darwin riuscì ad eludere e rovesciare proprio quelle componenti anti-teleologiche del suo pensiero che solo con il “darwinismo” successivo poterono giungere a piena affermazione.

Certo è che, nel capitolo finale dell’Origin, Darwin stesso, molto prima che l’epistemologia teorizzasse l’esistenza di “rivoluzioni” scientifiche e dibattesse sulla loro esistenza o meno, scrisse: «Quando le idee da me proposte in questo volume, o idee analoghe, saranno generalmente accettate, possiamo vagamente prevedere ("we can dimly foresee”) che una considerevole rivoluzione ("a considerable revolution”) avrà luogo nella storia naturale».

La sua opera ha comunque segnato profonde trasformazioni nel modo di interpretare il vivente e la scienza che lo studia: la sostituzione di un mondo statico con uno in evoluzione; il rifiuto del creazionismo e della teleologia cosmica; il superamento dell'antropocentrismo; l’affermazione di una spiegazione assolutamente naturalistica e materialistica di ciò che fino ad allora era stato risolto in termini di "progetto" divino.

2.-Alcuni vedono l'evoluzionismo, anche se si tratta di un’alternativa alla visione religiosa del mondo, spesso articolata come una religione, con i suoi sacerdoti e fedeli. Pensa che sia possibile conciliare il contributo della teoria dell’evoluzione con la fede nel trascendente? Come vede il conflitto tra scienza e religione?

Storicamente sono esistite varie forme di evoluzionismo. Lo stesso “darwinismo” può essere considerato, in questo senso, una particolare forma di evoluzionismo. Se, nella domanda, si usa “evoluzionismo” per riferirsi, come suppongo, alla teoria dell’evoluzione di Darwin, certamente quella di maggior successo tra le varie declinazioni dell’evoluzionismo, tenderei a non presentarla di per sé come “una alternativa alla visione religiosa del mondo”. Quella di Darwin è stata soprattutto, e prima di tutto, una teoria scientifica, nel senso in cui attualmente si parla di “scienza”. Che poi, ed effettivamente, si sia trovata e, a volte, ancora si trovi, ad essere percepita come alternativa alla visione religiosa del mondo, dipende dalla rilevanza teorica e filosofica e dalla complessità che “spiegare” il vivente inevitabilmente comporta. All’epoca in cui la teoria dell’evoluzione fu proposta da Darwin, scienza e religione erano ancora strettamente connesse e lo stesso Darwin era ben consapevole delle sue vastissime e inevitabili ricadute sulla sfera filosofica, religiosa, etica. Si sostiene plausibilmente che, proprio per evitare che il dibattito ideologico divenisse predominante su quello scientifico, egli evitò del tutto di parlare dell’uomo nell’Origin. Ciò nonostante, come è noto, il dibattito ideologico fu straripante. Si trattò, fatte le debite differenze, di un confronto/scontro in fondo non molto dissimile da quello ancor oggi esistente. Non posso non comprendere le ragioni profonde di questo inesauribile problema, e non ritengo che basti a risolverlo affermare che anche il bisogno di trascendenza potrebbe essere stato a sua volta un prodotto dell’evoluzione. In quanto storica della scienza vedo questo dibattito come un elemento costitutivo e ineludibile per capire come e in quale contesto abbia potuto essere formulata, alla metà dell’Ottocento, una teoria scientifica sull’evoluzione. Quanto al dibattito attuale, nonostante i molti punti ancora in comune con il dibattito che storicamente ha accompagnato la teoria dell’evoluzione fin dalla sua formulazione – e, in realtà, ancor prima che con Darwin essa trovasse piena formulazione – lo ritengo alquanto complesso e differenziato. Non credo che si possano sottovalutare le differenze tra i suoi sviluppi per esempio in America e in Europa e, in Europa, tra le diverse nazioni. Sul piano più personale, per non sfuggire alla domanda, ho sempre trovato la scelta di Darwin di dichiararsi agnostico una posizione alquanto ponderata e tutt’altro che elusiva. Mi piacerebbe potermi associare a questa posizione, limitandomi ad esprimere la mia convinzione che la libertà di professare qualsiasi religione non dovrebbe mai pregiudicare la libertà di pensare e vivere secondo una visione laica, altrettanto ricca di valori e impegno. Aggiungerei, inoltre, che la conoscenza scientifica, quando è conoscenza scientifica, non può che procedere attraverso la ricerca di spiegazioni che prima di tutto – direi, esclusivamente – rispondano a quelli che sono i parametri e i metodi del discorso scientifico. Perseguire l’oggettività scientifica significa sottoporre continuamente a critica e ad eventuale aggiustamento i contenuti delle teorie prodotte e certamente rifuggire da qualsiasi dogmatismo. “Sacerdoti” e “fedeli” della teoria dell’evoluzione, dal mio punto di vista, non sono soggetti interessanti, se non per evitarli così come ogni altro genere di fanatici. Atteggiamenti di tipo fideistico non dovrebbero avere cittadinanza in questo contesto, e la loro eventuale esistenza riguarda più la sfera della psicologia e della sociologia, che non quella della scienza e della storia e filosofia della scienza.

3.-Quali sono state e sono attualmente le controversie principali nell’ambito del pensiero evoluzionistico?

Per quanto riguarda i dibattiti presenti nel normale confronto in atto all’interno della biologia evoluzionistica non userei il termine “controversie”. Anche il relativamente recente “scontro” tra cosiddetti “ultra-darwinisti” e cosiddetti “pluralisti” (Dawkins, Dennett da una parte; Gould, Eldredge dall’altra, per limitarmi ai nomi più noti) si è, almeno in parte, ricomposta rivelando, così mi sembra, una sua componente non secondaria fortemente legata alla comunicazione della scienza e alla conquista della ribalta da parte di grandi comunicatori. Posizioni originariamente presentate quasi come “alternative” al darwinismo, sono oggi ben rappresentate da studiosi che rivendicano a pieno titolo la loro appartenenza al pensiero darwiniano, stimolando per altro interessanti approfondimenti e possibili riletture di tipo storico sullo sviluppo del pensiero stesso di Darwin. Mi sembra di constatare che gli antagonismi a volte estremizzati ad arte da alcuni dei partecipanti al dibattito si siano almeno in parte attenuati e l’impegno nel confronto intellettuale e teorico sia oggi concentrato su sviluppi importanti della ricerca scientifica come il cosiddetto EVO-DEVO, o EVO-ECO-DEVO, ovvero sullo studio delle fondamentali interazioni tra evoluzione filogenetica e sviluppo ontogenetico, riconquistando spazi di indagine ai quali – credo strategicamente – la biologia evoluzionistica del Novecento aveva dovuto in parte rinunciare.

Su quali siano state storicamente le principali controversie in campo evoluzionistico, temo che il discorso sarebbe molto lungo. Mi limito ad un elenco, utilizzando parole-chiave alquanto note e affidandomi al loro potere evocativo. Ritengo faccia parte del dibattito interno all’evoluzionismo il notissimo confronto tra lamarckismo e darwinismo. Appartengono alla storia del dibattito sull’evoluzione le diverse scuole evoluzionistiche successive a Darwin (i vari ortogenetismi, i diversi neo-lamarckismi, le versioni del saltazionismo). Sono stati dibattiti fondamentali della biologia evoluzionistica quelli sulla selezione naturale, sulla casualità delle variazioni, sul determinismo genetico, sull’epigenetica, e ancor prima, ovviamente, quello sull’integrazione tra genetica e darwinismo, che ha dato vita alla biologia evoluzionistica moderna. Sono capitoli fondamentali di questa storia le controversie sull’altruismo, sulla sociobiologia, sulla selezione sessuale… Come ho detto, si potrebbe continuare a lungo, avvalorando la tesi secondo cui una così cospicua presenza di conflitti teorico-scientifici sia la migliore testimonianza della vitalità e della efficacia esplicativa della teoria dell’evoluzione.

4.-Pensa che la selezione naturale postulata da Darwin sia la principale forza direttiva dell'evoluzione biologica?

Penso che la selezione naturale sia stata una “grande trovata” scientifica. Permise di spiegare in termini schiettamente naturalistici fenomeni fino ad allora teoricamente inconcepibili come, appunto, l’evoluzione. Darwin stesso dichiarò esplicitamente che la selezione naturale era il principale meccanismo dell’evoluzione, ma non il solo.

5.-Qual è, a suo avviso, il contributo della biologia dello sviluppo per la comprensione dell’evoluzione?

Penso che la biologia dello sviluppo sia un entusiasmante sviluppo della attuale ricerca sull’evoluzione. Non sono un biologo e non spetta a me articolare quali e quanti aspetti e problemi dell’evoluzione possano essere riconsiderati e risolti nella prospettiva della biologia evoluzionistica. Da storica, mi piace ricordare che il termine “evoluzione”, di cui Darwin non si servì mai nell’Origin, parlando invece di “discendenza comune con modificazione”, esisteva in realtà molto prima di Darwin, con il significato, appunto, di “sviluppo”, in senso embriogenetico, di crescita e espansione di qualcosa che già preesiste. Fu solo dopo Darwin che il termine assunse pienamente il significato che oggi gli attribuiamo, andando a designare il processo filogenetico di nascita e diversificazione di specie nuove. Mi sembra di poter vedere nel ricongiungimento della ricerca su evoluzione e sviluppo, una sorta di “naturale”, auspicabile e riconquistato spazio di indagine al quale, come ho già accennato sopra, la biologia evoluzionistica del Novecento dovette, almeno in parte, rinunciare, certo anche per “irrigidimenti” teorici, ma soprattutto, credo, per una comprensibile esigenza di consolidare quelle parti della teoria che era all’epoca possibile consolidare, anche a prezzo di momentanee rinunce.

6 .-Qual è il servizio che la filosofia della scienza rende alla conoscenza scientifica? Quanto la filosofia riceve dalla scienza? Quanto la scienza dalla filosofia?

Sono di formazione filosofica. Mi risulta impossibile concepire una spaccatura della conoscenza che veda da una parte la ricerca scientifica e da un’altra quella filosofica. Credo che pressoché ogni concetto scientifico abbia un profondo radicamento nella riflessione filosofica e che non si possa fare a meno di esserne consapevoli. L’analisi dei concetti scientifici è un compito importante di una epistemologia, o filosofia della scienza, che si coniughi con la storia del pensiero scientifico. Superata quella epistemologia normativa che aspirava a imporre un unico modello di scientificità su tutta la scienza – la cosiddetta posizione standard del primo Novecento – oggi la riflessione filosofica sulla scienza si articola secondo le suddivisioni disciplinari (fisica, matematica, biologia, etc.) e ne affianca e sottolinea gli specifici contenuti e metodologie, ma contemporaneamente può svolgere un ruolo di salvaguardia del nesso tra gli specialismi, identificando la comunanza di fondo degli obiettivi conoscitivi. Molti degli oggetti di analisi della classica speculazione filosofica possono oggi essere studiati attraverso i metodi della ricerca scientifica. Penso, per fare un esempio, ai rapporti tra la filosofia della mente, le neuroscienze, gli studi sulla intelligenza artificiale. La spiegazione in termini naturalistici e scientifici può essere interpretata come minaccia per la filosofia stessa e criticata in termini di riduzionismo, ma è stata proprio la filosofia della scienza a indurre e condurre in modo critico il dibattito sul riduzionismo. Riflessione filosofica e ricerca scientifica sono facce del medesimo processo della conoscenza del mondo.

7.-Su che cosa sta lavorando attualmente?

Il centro di interesse del mio lavoro di storica è il pensiero evoluzionistico. Recentemente ho lavorato sulla analisi storica dei concetti di “evoluzione” e di “sviluppo” in relazione ai diversi significati che il termine “evoluzione” ha assunto nella storia del pensiero biologico, dapprima nel dibattito tra preformisti ed epigenetisti e, successivamente, nell’ambito del trasformismo e dell’evoluzionismo, fino alla codificazione formale del suo attuale significato nella voce “Evolution in Biology” pubblicata nel 1878 da Thomas Huxley nella Enciclopedia Britannica. Inoltre, mi sono spesso occupata dello studio del comportamento e della mente all’interno del pensiero di Darwin e nell’evoluzionismo (e, dunque, anche nel lamarckismo), e ho pubblicato di recente un lavoro su Darwin e la “cittadella della mente”, ricostruendo la costante e originaria presenza, in Darwin, dei temi relativi a quella che si può chiamare “una storia naturale della mente”. Proseguirò a lavorare su questi temi, il cui interesse storico è strettamente connesso, dal mio punto di vista, a nuclei attuali di sviluppo della ricerca in campo biologico sperimentale e anche filosofico.


En castellano:

1 .- ¿Cuál es el antes y el después de Darwin?

La teoría de Darwin ha sido descrita con frecuencia como una “revolución científica” a causa de la fractura que determinó en la concepción del ser vivo en general y, obviamente, del hombre. Se ha debatido mucho en la filosofía de la ciencia y en la historia de la ciencia sobre si de verdad la darwiniana puede considerarse como una revolución en sentido epistemológico, o sea, si de verdad ha determinado un giro radical que de hecho la vuelve incomparable –según la interpretación de Thomas Kuhn- con las teorías precedentes. Muchos, como por ejemplo E. Mayr, uno de los padres fundadores de la biología evolucionista del siglo XX, han atenuado esta interpretación, subrayando que se trató de un fenómeno complejo y que se prolongó en el tiempo cerca de 250 años. Comenzó mucho antes de Darwin y sus componentes fundamentales fueron anticipados en tiempos diversos y se afirmaron idendependiente unos de los otros. Otros, como Karl Popper, han subrayado la diferencia entre revoluciones científicas y revoluciones ideológicas. Ha habido quien, como Peter Bowler, ha sostenido que, si hubo revolución, no fue revolución darwiniana y que el evolucionismo que entonces se afirmó no fue un evolucionismo propiamente darwiniano, ya que la mayor parte de los defensores del evolucionismo contemporáneos de Darwin lograron eludir y tergiversar precisamente los componentes antiteológicos de su pensamiento de manera que sólo el darwinismo sucesivo pudo llevarlo a su plena afirmación.

Es cierto que en el capítulo final del Orígen, el mismo Darwin, mucho antes de que la epistomología teorizase sobre la existencia de revoluciones científicas y debatiese sobre su existencia o no, escribió: “Cuando las ideas que yo he propuesto en este volumen, o ideas análogas, sean generalmente aceptadas, podremos vagamente prever ("we can dimly foresee”) que una considerable revolución ("a considerable revolution”) tendrá lugar en la historia natural”.

De cualquier manera, su obra ha significado profundas transformaciones en el modo de interpretar al ser vivo y la ciencia que lo estudia: la sustitución de un mundo estático por otro en evolución; el rechazo del creacionismo y de la teleología cósmica; la superación naturalista y materialista de lo que hasta entonces había sido explicado en términos del “proyecto” divino.

2.-Algunos ven que el evolucionismo, aunque supone una alternativa a las cosmovisiones religiosas, se articula en ocasiones como una religión, con sus propios sacerdotes y creyentes. ¿Cree que es posible reconciliar las contribuciones de la ciencia evolucionista con la creencia en cosas trascendentes? ¿Cómo ve el conflicto entre ciencia y fe?

Históricamente han existido varias formas de evolucionismo. El mismo darwinismo puede ser considerado, en este sentido, como una forma particular de evolucionismo. Si en la pregunta se usa el término evolucionismo para referirse, como supongo, a la teoría de la evolución de Darwin, sin duda la de mayor éxito dentro de las varias formas del evolucionismo, no sería muy partidaria de presentarla como “una alternativa a la visión religiosa del mundo”. La de Darwin ha sido sobre todo, y en primer lugar, una teoría científica, en el sentido en el que actualmente se habla de ciencia. Que después, efectivamente, se haya demostrado y, a veces, todavía sea percibida como una alternativa a la visión religiosa del mundo, depende de su relevancia teórica y filosófica y de la complejidad inherente al hecho de explicar al ser vivo. En la época en la que la teoría de la evolución fue propuesta por Darwin, ciencia y religión estaban todavía estrechamente conectadas y el mismo Darwin era plenamente consciente de sus enormes e inevitables consecuencias en el campo de la filosofía, de la religión, de la ética. Se suele sostener con bastante fundamento que, precisamente para evitar que el debate ideológico se impusiese al científico, evitó hablar del hombre en el Orígen. A pesar de esto, como es conocido, no fue posible frenar el debate ideológico. Se trató, con las debidas diferencias, de un enfrentamiento/choque en el fondo no muy distinto de que existe todavía hoy día. No puedo no comprender las razones profundas de este inacabable problema y no pienso que se pueda resolver sólo afirmando que también la necesidad de trascendencia podría ser un producto de la evolución. En cuanto historiadora de la ciencia, veo este debate como un elemento constitutivo e ineludible para entender cómo y en qué contexto pudo formularse, a mediados del siglo XIX, una teoría científica sobre la evolución. Por lo que respecta al debate actual, a pesar de los muchos puntos comunes con el debate que históricamente ha acompañado a la teoría de la evolución desde su formulación –y, en realidad, incluso antes del momento en el que Darwin encontrase su más perfecta formulación-, lo considero muy complejo y diferente. No creo que se puedan minusvalorar las diferencias entre sus desarrollos, por ejemplo, en América y en Europa y, en Europa, entre las diversas naciones. En el plano más personal, para no evadirme de la pregunta, siempre he encontrado la decisión de Darwin de declararse agnóstico una posición muy ponderada y en absoluto elusiva. Me gustaría poder participar de esta posición, limitándome a expresar mi convicción de que la libertad de profesar cualquier religión no debería perjudicar nunca la libertad de pensar y de vivir según una visión laica, igualmente rica de valores y de compromisos. Añadiría, además, que el conocimiento científico, cuando es conocimiento científico, no puede proceder sino a través de la búsqueda de explicaciones que sobre todo –incluso diría, exclusivamente- responden a lo que son los parámetros y los métodos del discurso científico. Perseguir la objetividad científica significa someter continuamente a la crítica y a eventuales correcciones los contenidos de las teorías producidas y, sin duda, huir de cualquier dogmatismo. “Sacerdotes” y “fieles” de la teoría de la evolución, desde mi punto de vista, no son sujetos dignos de interés, si no es para evitarles como a cualquier otro tipo de fanáticos. Posturas de tipo fideístico no deberían tener cabida en este contexto y su eventual existencia tiene más que ver con el campo de la psicología y de la sociología que con el de la ciencia o el de la historia y la filosofía de la ciencia.

3.- ¿Cuáles han sido y son las principales controversias del pensamiento evolucionista?

Por lo que respecta a los debates presentes en las discusiones corrientes dentro de la biología evolucionista, no usaría el término “controversias”. Incluso el relativamente reciente “enfrentamiento entre los llamados “ultra-darwinistas” y los llamados “pluralistas” (Dawkins, Dennett de una parte; Gould, Eldredge de la otra, por limitarnos a los nombres más famosos), al menos en parte se ha reconducido poniendo en evidencia, a mi entender, que una de sus componentes no secundaria estaba muy unida a la comunicación de la ciencia y a la conquista de la fama por parte de los grandes comunicadores. Posiciones que originalmente se presentaban casi como alternativas al darwinismo están representadas por estudiosos que reivindican con argumentos de peso su plena participación en el pensamiento darwiniano; al tiempo que estimulan un estudio más profundo e interesantes relecturas de tipo histórico sobre el desarrollo del pensamiento mismo de Darwin. Creo que se puede constatar que los antagonismos que a veces se presentan artificiosamente como más radicales de lo que realmente son por algunos de los participantes del debate se han atenuado, al menos en parte, y la preocupación por el debate intelectual y teórico se ha concentrado hoy en desarrollos importantes de la investigación científica como el autodenominado EVO-DEVO, o EVO-ECO-DEVO, o bien en el estudio de las fundamentales interacciones entre evolución filogenética y desarrollo ontogenético, reconquistando espacios de investigación a los que, creo que estratégicamente, la biología evolucionista del siglo XX había tenido que renunciar.

Sobre cuáles han sido históricamente las principales controversias en el campo del evolucionismo, me temo que el discurso sería muy largo. Me limito, por tanto, a hacer una simple presentación utilizando palabras clave muy conocidas fiándome de su poder evocador. Considero que forma parte del debate interno del evolucionismo el famosísimo debate entre lamarckismo y darwinismo. Pertenecen a la historia de la polémica sobre la evolución las diversas escuelas evolucionistas que aparecieron después de Darwin (los varios ortogenetismo, los diversos neo-lamarckismos, las distintas versiones del saltacionismo). Han sido debates fundamentales de la biología evolucionista los relativos a la selección natural, sobre la casualidad de las variaciones, sobre el determinismo genético, sobre la epigenética, y, aún antes, obviamente, sobre la integración entre genética y darwinismo, que ha dado vida a la biología evolucionista moderna. Son capítulos fundamentales de esta historia las controversias sobre el altruismo, sobre la sociobiología, sobre la selección sexual... Como he dicho, es un tema que es mucho más extenso, lo que confirma la tesis de que una tan importante presencia de conflictos teórico-científicos es la mejor prueba de la vitalidad y de la capacidad explicativa de las teorías de la evolución.

4 .- ¿Cree que la selección natural postulada por Darwin es el principal motor de la evolución biológica?

Pienso que la selección natural ha sido uno de los grandes descubrimientos científicos. Permite explicar en términos puramente naturalistas fenómenos hasta entonces teóricamente inconcebibles como, por ejemplo, la evolución. Darwin mismo declaró explícitamente que la selección natural era el principal mecanismo de la evolución, pero no el único.

5 .-¿Cuál es, a su juicio, la contribución de la biología del desarrollo al entendimiento de la evolución?

Creo que la biología del desarrollo es un entusiasmante desarrollo de la actual investigación sobre la evolución. No soy una bióloga y no me corresponde a mí articular qué y cuáles problemas de la evolución puedan ser reconsiderados y resueltos a partir de la perspectiva de la biología evolucionista. Como historiadora, me gusta recordar que el término evolución, que Darwin no utilizó nunca en el Orígen, sino que hablaba en cambio de “descendencia común con modificaciones”, existía en realidad desde mucho antes de Darwin, con el significado, precisamente, de “desarrollo”, en sentido embriogenético, de crecimientos y expansión de algo que ya preexiste. Sólo después de Darwin el término asumió plenamente el significado que hoy le atribuimos, designando el proceso filogenético de nacimiento y diversificación de especies nuevas. Me parece que es posible ver en la unión (¿re-unión?) de la investigación sobre evolución y desarrollo, una especie de “natural”, deseable y reconquistado espacio de investigación al que, como ya he hecho referencia antes, la biología evolucionista del siglo XX tuvo que, al menos en parte, renunciar; es cierto que también fue consecuencia de ciertas “rigideces” teóricas, pero sobre todo, creo, por una comprensible exigencia de consolidación de aquellas partes de la teoría que, en aquella época, era posible consolidar. Aunque fuese al precio de momentáneas renuncias.

6 .-¿Qué servicio presta la filosofía de la ciencia al conocimiento científico? ¿Cuánto hay de filosofía en la ciencia? ¿Cuánto de ciencia en la filosofía?

Soy de formación filosófica. Me resulta imposible concebir una ruptura del conocimiento que signifique la separación por una parte de la investigación científica y por otra de la filosófica. Creo que prácticamente cada concepto científico tiene un profundo sentido en la reflexión filosófica y que no se puede no ser consciente de este hecho. El análisis de los conceptos científicos es una obligación importante de una epistemología, o filosofía de la ciencia que se conjugue con la historia del pensamiento científico. Superada esta epistemología normativa que aspiraba a imponer un único modelo de cientificidad a toda la ciencia –la así llamada posicion standard de principios del siglo XX- hoy la reflexión filosófica sobre la ciencia se articula según las subdivisiones disciplinarias (física, matemáticas, biología, etc.) y acerca y subraya los contenidos específicos y las metodologías, pero contemporámeamente puede jugar un papel de salvaguardia del nexo entre las diversas especialidades, identificando los puntos comunes de los objetivos cognoscitivos. Muchos de los objetos del análisis de la clásica especulación filosófica pueden hoy ser estudiados a través de métodos de la investigación científica. Estoy pensando, por ejemplo, en las relaciones entre la filosofía de la mente, la neurociencia, los estudios sobre la inteligencia artificial. La explicación en términos naturalistas y científicos puede ser interpretada como una amenaza por la misma filosofía y criticada en términos de reduccionismo, pero ha sido precisamente la filosofía de la ciencia la que ha inducido y conducido en modo crítico el debate sobre el reduccionismo. Reflexiones filosóficas e investigación científica son caras del mismo proceso de conocimiento del mundo.

7 .- ¿En qué trabaja ahora?

El tema que me ocupa en mi trabajo como historiadora es el del pensamiento evolucionista. Recientemente he trabajado sobre el análisis histórico de los conceptos de “evolución” y de “desarrollo” en relación con los diversos significados que el término “evolución” ha asumido en la historia del pensamieto biológico, incluso desde antes del debate entre preformistas y epigenetistas y, sucesivamente, en el ámbito del transformismo y del evolucionismo, hasta la codificación formal de su actual significado en la voz “Evolution in Biology” publicada en 1878 por Thomas Huxley en la Enciclopedia Británica. Además, con frecuencia me he ocupado del pensamiento de Darwin y del evolucionismo (y, por tanto, también del lamarckismo), y he publicado recientemente un trabajo sobre Darwin y la “ciudadela de la mente”, reconstruyendo la constante y originaria presencia, en Darwin, de los temas relativos con lo que podría denominarse “una historia natural de la mente”. Continuaré trabajando sobre estos temas, cuyo interés histórico está estrechamente conectado, desde mi punto de vista, con los núcleos actuales del desarrollo de la investigación en el campo de la biología experimental y también con la filosofía.

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